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giovedì 17 settembre 2015

La Sacra Cintola di Prato e una passeggiata particolare

C'era una volta un ricco mercante. Si chiamava Michele Dagomari ed era di Prato, una fiorente cittadina toscana, non troppo lontana da Firenze.
A Prato, oramai mille anni or sono, c'era un castello e una pieve. Anche molto altro, ma certo le dimensioni non erano quelle odierne.
Michele Dagomari si occupava del commercio della lana da più generazioni.
Un giorno, come si usava per coloro ai quali le finanze lo permettevano, decise di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme.
Era un viaggio molto lungo.
Al tempo, si sa, non c'erano i voli della Ryanair. Bisognava arrangiarsi coi carri, cavalli e navi, alla bisogna.
Ci voleva molto tempo per arrivare.
Ma Michele poteva permetterselo. Aveva il lavoro, i soldi, ma non ancora una famiglia, una moglie e dei bambini da cui tornare presto la sera.
Dunque, decise di tentare e partire.
E arrivò. Nel 1140.
A Gerusalemme, quasi come un segno divino, incontrò l'amore in una bella fanciulla di nome Maria.
Tanto si innamorò che volle sposarla subito.
Senza dirlo al padre di lei, un sacerdote di rito orientale, che forse non avrebbe voluto.
La sposò di nascosto, alla sola presenza della madre di lei.
Maria, avendo agito senza il consenso del padre, non aveva una dote da portare al marito.
La mamma, complice e preoccupata per questa figlia sposata senza dote a un forestiero, tentò di rimediare e diede a Michele, nascosta in un cestino, una raffinata cintura, lunga quasi un metro, di finissima e verde lana di capra, con qualche filo d'oro a ravvivarla.

Bernardo Daddi, Storie della Sacra Cintola, Museo Civico di Prato, 1337-38.
 
Non sapeva Michele, che la fanciulla che aveva preso in sposa era discendente del sacerdote al quale San Tommaso, prima di andare nelle Indie, aveva affidato quella cintola che la Madonna, in segno di benevolenza, gli aveva porto prima di ascendere al cielo.
Con la bella Maria e con il suo cestino, Michele tornò a Prato.

 Bernardo Daddi, Storie della Sacra Cintola, Museo Civico di Prato, 1337-38.

E non confessò a nessuno di avere un oggetto tanto prezioso.
Forse, temeva che gli avrebbero portato via quel pegno d'amore che sarebbe diventato di tutti e non più solo suo.
Voleva tenerselo vicino, tanto vicino che lo mise in una cassa e su questa casa, tutte le notti andava a dormire.
E gli angeli andavano a sorvegliarlo mentre lui dormiva, racconta la leggenda e racconta Bernardo Daddi in uno degli scomparti di una predella ora al Museo di Palazzo Pretorio di Prato.

 Bernardo Daddi, Storie della Sacra Cintola, Museo Civico di Prato, 1337-38.

Solo quando capì che le forze gli venivano a mancare e che il suo viaggio terreno stava per volgere al termine, andò dal parroco della Pieve di Santo Stefano e gli raccontò la sua storia, affidandogli quel cestino con la cintola.

 Bernardo Daddi, Storie della Sacra Cintola, Museo Civico di Prato, 1337-38.

Di lì a poco, la Pieve di Santo Stefano, dove venne custodita la cintola, divenne una magnifica e imponente cattedrale, il Duomo di Prato, nei secoli ampliato e rimodellato sempre intorno a quel pezzo di finissima lana verde.
Ecco...ditemi se non è questa una storia d'amore.
D'amore per una donna, d'amore per una città, d'amore di Dio.
Questa storia e tante altre racconteremo domani sera, 18 settembre 2015, a Prato, alle 21.00, passeggiando per le vie del centro.
La bella iniziativa è stata organizzata dall' Associazione Culturale Marginalia in collaborazione con la compagnia teatrale La quinta abbondante.
Eh sì...perchè ci sarà una sorpresa: degli attori professionisti, faranno delle "incursioni" nella nostra passeggiata.
Compito mio, di Lilia, come sempre, sarà solo quello di raccontare delle storie.
Percorsi di questo genere sono stati già realizzati dall'Associazione Culturale Marginalia a Firenze, con attori professionisti e con la mia collaborazione: due bellissimi, uno sulla storia delle donne della famiglia Medici e uno sulla vita e l'arte di Michelangelo.
A Prato, almeno per me, è la prima volta.
Dunque, buona fortuna a tutti. E, trattandosi di teatro, mi verrebbe da dire una cosa, ma forse meglio di no: tanta M....!!!!!

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